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Votare il debito pur di fermare i ladri?

“Milei con gli Stati Uniti e l’Italia con Bruxelles: cambia la mano, ma il bacio è lo stesso.”

La trappola emotiva della democrazia spezzata

C’è una domanda che quasi nessuna nazione osa fare apertamente, ma che milioni di persone sentono dentro ogni volta che arrivano le elezioni:
stiamo ancora votando per costruire un futuro, o stiamo votando per paura?

In Argentina il voto ha smesso di essere una scelta di idee e visione. È diventato un’arma di ricatto emotivo. Non si vota più con speranza, ma con rassegnazione. Non si sceglie un progetto, si tenta di evitare una catastrofe. Il messaggio è sempre lo stesso: “Se non voti per noi, tornano i corrotti.” “Se non accetti altri sacrifici, tornerà il caos.”
La paura ha sostituito il pensiero. La minaccia ha sostituito il progetto.

Quando la paura diventa il motore della politica, la democrazia smette di essere libertà e diventa obbedienza forzata. Ci spingono dentro una falsa scelta: accettare la corruzione o accettare l’austerità eterna; subire vecchi ladri o nuovi usurai del debito. Questo non è progresso. È disperazione amministrata.

Un popolo non può crescere se è costretto a votare “il male minore” per tutta la vita. Perché il male minore è pur sempre male. Un Paese che vota con i denti stretti, vota da prigioniero, non da cittadino.

Un voto non è libero quando è dominato dalla paura. Un voto non è dignitoso quando è condizionato dal ricatto economico o morale. Una democrazia senza dignità è solo una procedura elettorale senza anima.

Forse allora la vera domanda non è più “Chi deve vincere le elezioni?”
Forse la vera domanda è un’altra:

Vogliamo continuare a sopravvivere come ostaggi…
o tornare a scegliere come cittadini liberi?

L’Interprete del Codice Silenzioso

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